Qualcuno potrebbe porsi questa domanda: può fare il questore di Palermo un poliziotto condannato a cinque anni di carcere per sequestro di persona? E ancora: può fare l'amministratore delegato di Leonardo-Finmeccanica - fabbrica di armi a controllo statale - un manager condannato a sei anni per falso in bilancio? E può fare l'amministratore delegato dell'Eni, gigante petrolifero pubblico, un imputato per corruzione internazionale?
Qui non si tratta della stantia polemica tra garantisti e giustizialisti. Il questore Renato Cortese può essere colpevole o innocente del rapimento della cittadina kazaka Alma Shalabayeva e della sua bambina e per sapere la verità processuale dobbiamo attendere, dopo il verdetto di primo grado del tribunale di Perugia di due giorni fa, l'esito dell'appello e verosimilmente della Cassazione.
Alessandro Profumo può aver truccato oppure no i conti del Monte dei Paschi quando ne era presidente.
Claudio Descalzi forse ha pagato la maxi-tangente in Nigeria per assicurare alla sua azienda il gigantesco giacimento petrolifero Opl 245, o forse no. Comunque finiscano queste tre vicende giudiziarie, rimane in piedi la questione del rapporto tra giustizia e potere e quella ancora più grossa della credibilità dei magistrati.
I cosiddetti garantisti accusano una parte della magistratura di abusare del suo potere con interventi a gamba tesa contro uomini potenti, allo scopo di azzopparli con accuse roboanti e relativa gogna mediatica. Il loro punto debole è non accorgersi che ci sono anche magistrati che chiudono un occhio o insabbiano le inchieste per proteggere uomini altrettanto potenti e dotati di amicizie influenti e altolocate.
L'incongruenza di questo modo di ragionare è che, a lume di logica, gli insabbiamenti sono più degli azzoppamenti. E soprattutto non solo le inchieste ma le stesse sentenze ormai non se le fila più nessuno, nemmeno in termini reputazionali. Da anni assistiamo al drammatico fenomeno della progressiva svalutazione delle sentenze, un fenomeno su cui la magistratura dovrebbe riflettere. Cortese si prende cinque anni per sequestro di persona in primo grado e non c'è alcuna regola che gli imponga quantomeno di sospendersi dall'incarico. Come se l'avessero beccato in divieto di sosta.
Teoricamente, in un futuro prossimo il questore di Palermo, presunto innocente per il sequestro Shalabayeva, potrebbe arrestare per sequestro di persona un palermitano più presunto innocente di lui. A meno che il capo della polizia Franco Gabrielli non decida, come sembra essere nell'aria, un avvicendamento alla questura di Palermo, opportuno e saggio ma non imposto dalla legge. Allo stesso modo Profumo continuerà a gestire Leonardo-Finmeccanica e Descalzi l'Eni.
Il carcere teorico
Giuste o ingiuste che siano, le sentenze di primo grado non fanno più paura a nessuno. Gli imputati, soprattutto se hanno spalle larghe e amici importanti, confidano nell'appello che ribalterà la sentenza o ridurrà la pena, e se va male ci sarà la Cassazione.
Non di rado si ha l'impressione che i tribunali distribuiscano gli anni di carcere come sanzioni nominali, come le fiches in un tavolo di poker, un "buono per sei anni di carcere teorico".
Un giudice di primo grado non manda mai nessuno in galera e può anche decidere condanne spropositate, tanto toccherà ai colleghi di appello e Cassazione la responsabilità di rovinare la vita all'imputato.
Profumo ieri è stato prescritto per il bilancio Mps del 2012, assolto per il 2013 e 2014, condannato per il primo semestre 2015. La condanna a sei anni gli scivola addosso sia perché nessuno crede che passerà mai sei anni in galera, sia perché ormai nessuno crede che sei anni di pena facciano di te un farabutto nè che l'assoluzione ti definisca come galantuomo. Perciò Profumo rimarrà al suo posto in un modo che non può piacere nemmeno a lui.
Lo stesso ragionamento vale per Cortese. Come il suo difensore Franco Coppi ha già anticipato nella sua arringa difensiva, il punto debole della sentenza è che manca il mandante. Nell'ipotesi accusatoria, trattandosi di fare un favore all'amico Kazakistan, non poteva che essere un membro del governo. Ma la procura di Perugia non lo ha scoperto i giudici hanno ignorato il problema.
Il questore di Palermo si becca cinque anni per sequestro di persona e la notizia ci arriva come uno "strano ma vero" o un mistero che non sarà chiarito e che un giorno avremo tutti dimenticato.
Per qualcuno Cortese resterà l'eroico poliziotto che ha arrestato Bernardo Provenzano, per altri sarà un sequestratore di donne e bambine. Le sentenze in nome del popolo italiano non sono più capaci di dirci una verità onesta e di questa deriva orribile tutti i magistrati italiani, nessuno escluso, devono sentirsi responsabili.
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